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Banzi,
paese della "Fons Bandusiae" di Quinto Orazio Flacco e "Città culla del Diritto"
A Grazia
Bella per me,
fosti, o figur di donna;
con amore ti guardavo
negli occhi tuoi azzurri
e capelli castani.
A te, Grazia, io chiesi
e mi donasti la mano.
Per il tuo padre lontano
in casa tua
non potevo entrare.
Turbato io ero per questo
a non poter sttare
un'ora in casa tua
per poterti guardare.
Mio padre mi convinse
a non lasciare male:
"andremo noi a casa sua,
così potrai entrare,
con la scusa di prenderti la chiave,
così la potrai guardare".
La prima volta che entrai,
con cuor e gli occhi
desideroso ti cercavo.
Accovacciata tu eri al focolare:
intenta ad arrostire ceci stavi.
Tanto fu il mio piacere,
di te scordar più non potevo.
Questo durò un anno,
fino al suo ritorno,
poi andò avanti
con il nostro amore
con i cuori in letizia
fino allo sposalizio.
Ci preparammo per lo sposalizio,
ma fra i genitori
sorse un litigio,
che per l'amore di noi due
questo fu superato.
Io ti chiedevo le novità:
tu mi rispondesti,
sempre lo stesso,
"pensaci tu".
Mai mi parlasti
così fin allora,
mi accecasti del tuo amore,
quell'amore conservato
fra noi due
per tutti gli anni
che abbiamo passato.
Sempre al mio fianco
io ti ho vista, nel lavoro,
nei giorni tristi o in allegria,
tutti e due insieme
a pregare Iddio.
Per i figli, dispiaceri abbiamo passato,
chè la morte ci ha strappati,
ma quel Dio consolatore,
tre ci risparmiò
e vivono ancora.
Son passati tanti anni
conservando il nostro amore,
sperando in Dio
che qualche anno
ci conceda ancora.
Della vita siam soddisfatti,
con cinquantatre anni
di matrimonio,
io nei settantasette
e tu quasi settantatre;
questa fortuna
per poche persone c'è.
Or la morte ci attende:
davanti a Dio
saremo giudicati,
ma il nostro amore
sarà da noi ben conservato
nelle mani del Signore.
O Grazia mia diletta,
affezionata del mio cuore,
perdoniamoci insieme
le manchevolezze ed i nostri affetti,
con l'augurio
di riposare insieme
nelle braccia del Signore.